Sciopero dai generi: per un 8M transfemminista queer

Sciopero dai generi: per un 8M transfemminista queer

Il Documento della Rete NazioAnale TFQ

(mail: contactfq@inventati.org)

Da anni i movimenti transfemministi hanno portato alla luce la questione dello Sciopero dai generi. Questa formulazione ci sembra efficace poiché affronta diversi livelli di sfruttamento/esclusione/marginalizzazione.

Perché?

Perché vogliamo combattere contro l’imposizione binaristica dei generi, maschile e femminile, con tutti i ruoli annessi, asimmetrici e discriminatori. Vogliamo essere liber* di autodeterminare la nostra identità di genere, la nostra sessualità, i nostri corpi e desideri senza imposizioni, strutture o violenza medica e psichiatrica!

Con le nostre stesse esperienze di vita scardiniamo questo binario “M o F”, ci rifiutiamo di percorrerlo e contribuiamo alla liberazione di tuttu dalle imposizioni e dalle condizioni di minorità a cui tuttu siamo sottopost*, in modi diversi e intersezionali. La nostra lotta è contro l’eterocispatriarcato, è ribaltamento dalla norma cisgender che questo sistema continua ad imporre in una perpetua pratica di riproduzione del capitalismo e dello sfruttamento sulla linea del genere e della razzializzazione.

Dal punto di vista del lavoro riproduttivo e produttivo anche noi partecipiamo al fenomeno della femminilizzazione: sul lavoro (precario/sfruttato/malamente salariato) viviamo la sussunzione e strumentalizzazione capitalista dell’identità queer. Vediamo come sempre di più una serie di caratteristiche e stereotipi che ci riguardano vengano messe al lavoro. Le grandi multinazionali si vantano delle iniziative di inclusività e “diversity management”, utilizzando l’immagine dell'”apertura alle persone LGBTQIA+” per aumentare i propri guadagni, guadagni che poi non sono redistribuiti attraverso il reddito. Lanciano poi campagne di sensibilizzazione che spesso ci restituiscono immagini altrettanto stereotipate di noi stessu, cioè ci riducono all’immagine simbolo della “coppia gay unita civilmente” che lavora e alla “normalità”, decretando l’ennesima mistificazione ed esclusione delle persone trans, delle lesbiche e delle frocie. Tutto questo è aggravato dalla corsa ad ostacoli per ottenere i “pezzi di carta” indispensabili per accedere a lavoro e servizi: permessi di soggiorno, status di rifugiatu, una carta di identità con il nome e il “sesso” che scegliamo, una tessera sanitaria o un certificato di licenza media/elementare/diploma/laurea.

Svolgiamo inoltre lavoro riproduttivo gratuito quando siamo costrettu al sorriso, al trucco e parrucco, quando subiamo molestie o micro-violenze, quando finiamo per diventare le/i/* confidenti delle/dei colleghi eterocis che ci considerano figure “neutre” nei luoghi di lavoro, quando siamo fortunat*! Quando il lavoro di cura ce lo facciamo pagare come sexworker, veniamo criminalizzat* e stigmatizzat*, noi diciamo basta: #strikefordecrim! – il lavoro sessuale è lavoro, scioperare per decriminalizzare!

Come soggettività femminilizzate siamo impegnat* a decostruire gli stereotipi che riguardano la “cura”. Questo livello è fondamentale proprio oggi, durante l’emergenza pandemica. Perciò lo sciopero dai generi significa anche scioperare, da un lato, dalla visione proposta dalle istituzioni di gestione della cura nel contesto pandemico come verticale, paternalistica e, dall’altro lato, dalla “cura” naturalizzata come “caratteristica femminile”, quindi ancora in modo stereotipato, come accudimento remissivo, per affermare che cura è anche conflitto! Riteniamo fondamentale quindi dare valore alle nostre analisi e pratiche di prevenzione e autogestione della salute che recuperiamo dalle consultorie e dall’attivismo impegnato nella lotta all’HIV/AIDS.

La nostra lotta contro il binarismo del genere riguarda anche l’idea di scuola. Non riconoscere la dimensione della riproduzione sociale tra le funzioni della scuola, concentrandosi sulle funzioni di “servizio”, non permette di comprendere come l’alternativa alla scuola resti esclusivamente la famiglia, una delle istituzioni che da sempre riconosciamo come sede della violenza di e del genere. La visione della scuola come mero welfare è pericolosa perché finisce per considerare la scuola come erogatrice di un “servizio” e le “famiglie” e studenti come “utenti”. Una visione del genere è molto vicina a quella dei comitati NOGENDER, che ritengono sia diritto dei genitori influire sull’offerta didattica, in particolare per ostacolare e sabotare qualsiasi progetto di educazione alla sessualità, affettività, e genere. Allo stesso tempo la visione della scuola come didattica pura dimentica la dimensione del lavoro riproduttivo o di cura (lavoro affettivo, relazionale) pagato che in essa si svolge, come se questo avesse meno dignità del lavoro didattico-educativo. È questa visione che porta ad illudersi che anche la DAD sia scuola, mentre non è altro che una nuova incarnazione delle multinazionali, che trasformano l’educazione in mera informazione. Il nostro sciopero dai generi coinvolge la dimensione scolastica perché vogliamo negare la riproduzione sociale istituzionale dell’etoronorma sulla base del genere, della classe, dell’abilità, della razzializzazione.

Abbiamo bisogno e desiderio di socialità frocia, a fronte del confinamento in case troppo spesso luoghi di violenza misogina e omolesbobitransfobica. Lo sciopero dai generi è quotidiano e per organizzarci vogliamo spazi: consultorie, case rifugio, centri culturali, luoghi dove dare vita a forme di mutualismo, parentele altre e una socialità lontana dalle logiche di mercato e dalle forme di controllo. Invece i nostri spazi continuano a chiudere, a causa della crisi e ancora di più a causa della repressione, spacciate per austerità e senso del decoro, che molt* compagn* stanno pagando a caro prezzo. Per questo invitiamo a partecipare ai crowdfunding organizzati per sostenere le spese legali degli spazi transfemministi e femministi, luoghi essenziali per il contrasto alla violenza sistemica.

Lo sciopero è essenziale mentre il genere come dispositivo di controllo sociale, economico, politico e culturale… NO! Ci uniamo all’8 Marzo transfrontaliero con la forza della dissidenza sessuale, perché la rivoluzione sarà transfemminista o non sarà!

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