Migliaia di ciclisti hanno sfilato con le proprie ragioni al #bikepride Bologna ma alcuni lo hanno fatto con pessime pratiche: blackface e ridicolizzazione esotizzante. Il tema #ciclistiselvaggi è una proposta contro le retoriche di civiltà di lotta al “degrado” portate avanti dall’amministrazione comunale PD e non solo. Ma è urgente una presa di posizione da parte degli organizzatori sui “travestimenti” razzisti a cui abbiamo assistito. Facce dipinte di nero con ossa tra i capelli, gonnelline di paglia, finti tatoo tribali NON SONO ACCETTABILI. E’ un peccato che queste performance stiano passando sui social come la parte più divertente di questa manifestazione che aveva invece dei contenuti più importanti. Nei media italiani il blackface viene messo in scena con leggerezza mentre è il mezzo con cui storicamente è stato costruito l'”altro” da ridicolizzare, civilizzare o esotizzare con desiderio, per dominarlo e sfruttarlo.
Rompiamo la complicità con il colonialismo italiota e con i nuovi razzismi. I segni distintivi delle altre culture di cui spesso i bianchi si appropriano, a volte pensando di fargli onore, vanno invece rispettati. L’APPROPRIAZIONE CULTURALE che vediamo produce una rappresentazione che feticizza, ridicolizza e depoliticizza le estetiche, i racconti e le pratiche che NON CI APPARTENGONO.
Vi ricordiamo che la linea del colore è oggi più che mai confine tra vita e morte. Non ci troviamo nulla di divertente.
Laboratorio Smaschieramenti
Dopo molti commenti piccati che rivendicavano l’innocenza di quei traverstimenti, sulla nostra pagina facebook (Maria Mieli) per fortuna arriva il comunicato di BikePride:
Ciao Maria, ti ringraziamo per avere, con sensibilità e accortezza, sollevato il tema. Il Bike Pride, come ogni anno, ha scelto di pedalare lungo le vie della nostra città scegliendo un tema ironico e irriverente: “ciclisti selvaggi”, con tanto di richiamo ai Flistones. La scelta non è stata casuale, il nostro bersaglio erano le recenti campagne mediatiche che hanno coinvolto amministratori e stampa locale: definiti come “selvaggi”, i ciclisti sono stati ritenuti responsabili dell’aumento degli incidenti stradali.
Una manifestazione aperta e partecipata ha visto salire in sella più di quattromila ciclisti da 0 a 100 anni, con travestimenti che richiamavano il tema scelto dagli organizzatori: ciclisti con clave, dinosauri, e ogni genere di creatura preistorica hanno sfilato per mettere fina all’era dei (combustibili) fossili. Alcune persone (5) hanno interpretato il nostro tema in un modo che non condividiamo assolutamente e che ci è sembrato del tutto inopportuno. I volti dipinti di nero per rappresentare “il selvaggio” che abbiamo visto sabato non possono essere ignorati e ci fanno comprendere che la pedalata da compiere per scardinare stereotipi e un immaginario razzista, in un Paese che non ha mai fatto i conti con il proprio passato coloniale, è lunga e in salita. Speriamo e crediamo che da parte di queste persone non ci sia stato alcun intento in questo senso, ma solo una scarsa consapevolezza del tema.
Per queste ragioni crediamo che la cosa più importante da fare in questi casi sia continuare a parlare, discutere e confrontarsi, non dando mai per scontati nemmeno i luoghi dove costruiamo quotidianamente le nostre pratiche che puntano prima di tutto a contrastare ogni forma di razzismo e discriminazione.