Evento di B-Side Pride e Non Una Di Meno Bologna
Il capitalismo realizza profitto sui nostri sorrisi, sui nostri culi, sulle nostre paillettes? L’8 marzo scioperiamo!
h. 14 Parliamo di spazi: dopo Atlantide e Consultoria TFQ, la Mala Consilia, Elastico, il Laboratorio L’Isola non si contano gli spazi transfemministi che ci sono stati tolti, ma non va meglio in altre città. Condividiamo prospettive di lotta con MagniFica di Firenze, Lucha y Siesta di Roma, Limonaia Zona Rosa di Pisa.
h. 15 Organizziamo lo sciopero dei/dai generi: l’8 marzo è tutti i giorni, rendiamo visibili le esperienze che non vogliono più riprodurre i generi binari imposti e che si sottraggono allo sfruttamento differenziale di tutti i generi.
Banchetti+ distro!
Distribuiamo saperi indipendenti, risorse e pratiche di mutualismo con: Pane, Pailettes e Connessione di B -side Pride; Non Una di meno, OUTLAWS, Indecoradio, Lab Smaschieramenti, Mujeres Libres, Ombre Rosse, MIT Movimento Identità Trans, Laboratorio L’Isola (+ upcoming!)
Centri raccolta Mutualismo: porta computer e cellulari dismessi per la redistribuzione PPC! Raccoglieremo danari in sostegno alle donne trans rinchiuse nel carcere di Reggio Emilia (iniziativa del MIT)
Siamo froce, trans, migranti, puttane, lesbiche, femministe e transfemministe furiose, precarie, terrone e domenica 28 febbraio vogliamo incontrarci in Piazza dell’Unità dalle h.14 per pensare, discutere, organizzare assieme lo sciopero dai generi dell’8 marzo e per affermare la necessità collettiva di spazi femministi e transfemministi per organizzare le lotte e il mutualismo queer
A un anno dall’inizio della pandemia ci troviamo ancora obbligate a produrre e riprodurre il nostro genere secondo un modello binario, eteronormato e patriarcale, perché sia accettabile socialmente in un sistema in cui uscire dalle norme del “maschile” o del “femminile” ci riduce alla marginalizzazione sociale ed economica. Ancor di più quando sui nostri corpi si riversa lo stigma per il colore della pelle, per la nostra provenienza, per il nostro aspetto, per il nostro stato sierologico, per il tipo di lavoro che svogliamo, per il tipo di “diversità” che rappresentiamo. Ci si aspetta che tutto questo lavoro sia gratuito, spontaneo e piacevole in quanto espressione “naturale” della nostra personalità, ma non è così.
La realtà è che queste norme invisibilizzano e naturalizzano le violenze e lo sfruttamento che subiamo come frocie, come donne, come trans* e non binarie. Con questa crisi, la crescente precarietà, la mancanza di reddito, l’impossibilità di gestire il nostro tempo ci espongono ancora di più alla violenza di/del genere, impedendoci di autodeterminarci e di ribellarci ai modelli di vita imposti
La condizione pandemica, e le restrizioni che ha comportato, hanno peggiorato ulteriormente e reso più visibili le condizioni materiali di vita delle persone queer e delle donne, a Bologna come in tanti altri posti molti spazi di socialità e autorganizzazione transfemministi sono stati costretti a chiudere o sono stati invasi dalle forze del (dis)ordine, come nel gravissimo caso di identificazione delle donne del centro antiviolenza di Lucha Y Siesta.
Siamo consapevoli della sensibilità di questo momento di pandemia ed allo stesso tempo sappiamo che la violenza di genere e la violenza maschile sulle donne non sono un’eccezione o un’emergenza del momento, ma il prodotto del patriarcato che ha una storia millenaria.
Lo sciopero riguarda ogni soggettività in modo diverso: il binarismo e la violenza sistemica agiscono sulle persone trans e intersex ad ogni livello dell’esistenza, nei percorsi di migrazione, nella ricerca di un lavoro e di risorse materiali per la propria autodeterminazione, nella medicalizzazione o psichiatrizzazione forzata; agiscono sulle donne che vedono ancora naturalizzato il lavoro riproduttivo e di cura, che lavorano in regime di sfruttamento o gratuitamente e che sono costrette a lasciare il lavoro, in una società che le disegna come madri naturali e che poi le costringe a licenziarsi per avere la possibilità di vedere lu figliu; agiscono sulle e sui sexworker criminalizzat* che si trovano in uno stato di esclusione da ogni forma di aiuto istituzionale, con ricadute ancor più gravi durante la pandemia; agiscono sulle soggettività gay e lesbiche che subiscono le politiche di diversity management, che vivono ancora la violenza omolesbobitransfobica in un contesto culturale e politico che nulla fa per contrastarla, agiscono sulle maschilità e femminilità non egemoniche che lottano per costruire altre forme di intimità e relazione….
A partire dal ripensamento delle pratiche di lotta femminista e transfemminista che abbiamo elaborato in questi mesi di pandemia, di fronte alla necessità e urgenza della cura collettiva e responsabile, sentiamo l’urgenza di costruire per il prossimo 8 marzo un nuovo sciopero femminista e transfemminista, dei generi e dai generi, della produzione, della riproduzione e dal consumo. L’8 marzo scioperiamo contro l’eterosessualità obbligatoria, contro lo sfruttamento del nostro lavoro produttivo e riproduttivo, contro l’intensificazione della violenza patriarcale, contro i regimi razzisti e di sfruttamento della mobilità! Rivendichiamo il diritto al lavoro sessuale: autorganizzato, autogestito e libero dallo sfruttamento, dai confini e dalle ordinanze repressive che perpetuano la violenza e lo stigma sulle nostre vite. Vogliamo il superamento di performance di genere obbligatorie e normalizzate che aumentano i profitti a discapito dei nostri bisogni e desideri. Vogliamo il reddito di autodeterminazione e SPAZI per autorganizzare la nostra lotta, la nostra vita, la nostra salute e i nostri desideri.
Streghe della magia oscura, millepiedi dalle cento zampe, rane psichedeliche e scorpione velenose, scheletri nell’armadio, orchesse affamate, cyborg rottamati, diavolesse kinky, mistresses stressatu: è tempo di evocare la fine del capitalismo eterocispatriarcale e di iniziare a cospirare per il mondo che vogliamo!
Essenziale è il nostro sciopero, essenziale è la nostra lotta!
❤️????… e se lo sciopero è essenziale… i generi, no. Grazie.