La violenza degli apparati di stato contro le donne migranti è testimoniata dalla morte di Sandrine Bakoyoko nel Cpa di Cona, ennesimo tragico episodio che svela l’orrore del sistema italiano ed europeo che quotidianamente costringe le/i migranti in condizioni disumane e reprime qualsiasi forma di autorganizzazione.
In questo contesto, sono grottesche e palesemente false, le dichiarazioni trapelate dal ministero dell’interno, per le quali l’80% dei richiedenti asilo si dichiarerebbe omosessuale: dimostrazione di quanto la deriva omonazionalista – intesa come inclusione differenziale e vittimizzante di omosessuali, lesbiche e trans nel quadro nazionalista – sia ormai affermata anche in Italia.
Come lesbiche, trans*, gay e transfemministe ribadiamo la nostra opposizione alle retoriche razziste della civiltà, in nome della quale troppo spesso negli ultimi anni il movimento lgbt mainstream ha rivendicato briciole di diritti, supportando di fatto narrazioni e immaginari islamofobici e xenofobi. Anche la violenza contro le donne è stata strumentalizzata da più parti per rappresentare il maschio migrante come unica incarnazione di una cultura patriarcale e retrograda. Il discorso politico e mediatico proietta sui migranti la minaccia sessista e transomofoba alle libertà e ai diritti di gay, lesbiche e trans per mascherare il proprio eterosessismo strutturale e per neutralizzare le rivendicazioni e le lotte transfemministe e froce. Oggi mentre in tutta Europa queste retoriche vengono mobilitate per legittimare la riapertura dei Cie e le politiche di espulsione, noi ribadiamo che la violenza contro le donne e tutte le soggettività eccentriche non ha nazione e che la si combatte con la complicità alle lotte di autoderminazione dei\delle migranti e costruendo reti transnazionali dal basso contro la violenza del maschile egemonico.
Aderiamo al presidio di solidarietà in via Mattei, sabato 7 gennaio alle 10.30 e invitiamo tuttu a partecipare.