Uno studente, un ragazzo trans di nome Sasha, non attraverserà più le aule della sua scuola. Un’insegnante, una donna trans di nome Cloe Bianco, si è tolta la vita con un gesto che ha drammaticamente definito una “liberazione”, da tempo ormai non poteva esercitare il suo lavoro.
Tutto questo fa male.
Stando alle motivazioni del tribunale presso cui aveva fatto ricorso, Cloe è stata sospesa dall’insegnamento perché non aveva preparato abbastanza l* student* alla sua affermazione di genere. I soliti pretesti: la “protezione” moralista di bambin* e ragazz*. Una morbosa attenzione verso le giovani “coscienze” che – nel mentre che tutto il mondo è in fiamme – risuona come un espediente trito e ritrito.
Il tentativo è quello di “contenere” corpi e pensieri che esulano dalle norme patriarcali attraverso lo spauracchio dell’ideologia gender. Il risultato è una scuola che troppo spesso agisce vere e proprie forme di violenza istituzionale. È anche attraverso un sistema educativo ancora poco attento alle differenze e all’inclusività che questi confini sono infatti imposti e regolati fin dalla più giovane età. Ma la scuola è altro, attraversata da generi, classi sociali, provenienze e diverse abilità, la scuola è nel mondo.
Sono le e gli student* a gridare oggi sempre più forte il loro desiderio di sapere, di essere accettat*, di conoscere le differenze, le esperienze non eterosessuali, il consenso, la sessualità e l’affettività. E insieme a molt* di noi, a domandarsi come si difendono questi corpi e questi pensieri.
Proviamo rabbia e dolore nel trovarci una volta ancora a contare le e gli assenti. Possiamo solo promettere che non ci fermeremo, che non vogliamo lasciare indietro nessun*. Ci uniamo in un abbraccio a tutta la comunità trans e queer, consapevoli che serve molto più di una politica delle alleanze.
Priorità alla scuola