La scuola azienda uccide, il lavoro uccide. Non si può morire di scuola, non si può morire di lavoro.
E’ stato ucciso un ragazzo, #LorenzoParelli di 18 anni. Uno studente ingabbiato in un sistema educativo che da anni viene svuotato della sua funzione per preparare ad un “mondo del lavoro” insensato. Che questa morte non rimanga senza senso.
Abbiamo letto tante belle parole, ma escono dalla bocca dei responsabili di questo sistema, la “buona scuola”, che prepara la società ad una rigida divisione sociale sulle linee della classe, del genere e della provenienza. Se questa è la bontà noi rispondiamo che vogliamo GIUSTIZIA, vogliamo una scuola GIUSTA.
Sono anni che lo denunciamo. Quale sicurezza sul lavoro? Chi si prende cura delle/degli studenti? i docenti referenti del PCTO dalla sala insegnanti, un gruppo whatsapp, i datori di lavoro? E non si tratta solo di morire, sul lavoro si vivono soprusi, molestie, violenza di stampo razzista, omolesbobitransfobico, misogino…
come possiamo pensare di continuare ad inviare ragazz* a lavorare gratuitamente (o per un “obolo”) “sotto padrone”?
Se questo è il prezzo lo abbiamo pagato #scioperogenerale
Come realtà collettiva autonoma transfemminista e frocia, seguiamo con interesse le vicende politiche locali e ci siamo trovat* in passato a diventarne protagonist*.
Nel 2015 siamo stat* sgomberat* da Atlantide, nel 2016 e poi ancora nel 2017 dalle Consultorie Autogestite. Abbiamo debordato nelle strade e costruito alleanze, reti.
Seppur lontan* dai palazzi (o spesso allontanat*), prendiamo parola in questo momento storico che vede aumentare la precarietà e la fragilità delle nostre vite transfemministe da un lato, ma che dall’altro ci restituisce forza espansiva attraverso l’autorganizzazione degli ultimi anni, come Smaskie, come BSide Pride e infine dentro il Rivolta Pride del 3 luglio 2021. Il Pride di quest’anno rappresenta per la comunità e il movimento LGBTQIA+ e transfemminista una novità assoluta dal punto di vista dell’autorganizzazione e delle relazioni tra noi. Lo abbiamo costruito attraverso un processo politico trasversale in grado di rafforzare l’alleanza tra le associazioni LGBTQIA+ e i collettivi transfemministi queer, la rete #moltopiùdizan, il movimento femminista globale Non Una Di Meno, le reti EAST public group (Essential Autonomous Struggles Transnational) e Feministas Transfronterizas.
Il Rivolta Pride è stato il momento conclusivo della Settimana Transfemminista organizzata a Bologna e ha evidenziato l’orizzonte teorico e pratico di questa alleanza (anche) transnazionale: abbiamo ribadito che riconosciamo la violenza di genere e omolesbobitransfobica come un’oppressione sistemica e strutturale che colpisce le nostre vite su ogni livello e a diverse intensità, che il Pride è una manifestazione politica e autorganizzata dal basso, che i nostri corpi di donne, frocie, lesbiche, trans, intersex, sex worker, persone migranti e razzializzate, persone con disabilità, pro-sex e sierocoinvolte non sono strumenti di propaganda per nessuno. La Settimana Transfemminista è stata una risposta di massa e dal basso all’attacco eteropatriarcale che sta colpendo le donne e le persone LGBTQIA+ di tutto il mondo e che durante la pandemia ha alzato ulteriormente il suo livello di violenza. Abbiamo svelato la connessione catto-fascista, fondamentalista e reazionaria che sta unendo le nuove destre xenofobe a un sedicente femminismo trans-escludente e omofobo. A mettere in relazione queste due fazioni è il desiderio – o meglio, la progettualità politica – di piegare i nostri corpi a un destino unico e universale, disegnato dal patriarcato coloniale per la propria riproduzione, imposto dal sistema binario di genere, capitalista e familista, che da sempre tenta di togliere la parola e lo spazio pubblico alle soggettività femminilizzate e marginalizzate.
Durante il Rivolta Pride queste voci si sono sentite forte e chiaro, mentre non bastava una città intera per contenere i nostri corpi. #moltopiùdizan ha significato superare la dicotomia di un dibattito al ribasso, già visto con la legge Cirinnà per le unioni civili e ora con quella attuale di Zan contro l’omolesbobitransfobia, che colloca e sussume le nostre rivendicazioni, tra un mero punitivismo carcerario e la concessione di fondi per la realizzazione di progetti istituzionali certamente non bastevoli.
Rilanciare politicamente #moltopiùdizan vuol dire tentare di ribaltare il potere «dentro e fuori», nelle piazze e tra le leggi, per una trasformazione complessiva dell’intero sistema orientata alla cura collettiva, conflittuale e transfemminista.
Questo quadro non ha una proiezione diretta sulle amministrative, che vedono candidat* LGBTQIA+ e alleate in ordine sparso in varie liste con diverse opzioni politiche e strategiche, ma allo stesso tempo presenta a chi arriverà a governare la città una serie di rivendicazioni e urgenze che starà al movimento proporre e imporre:
– Un sistema educativo in grado di implementare un serio contrasto alla violenza di genere e del genere fin dall’infanzia, perché non basta intervenire in seguito alla violenza, ma si deve prevenire con un approccio intersezionale e che tenga conto delle mutate circostanze per le e i giovani in questo momento storico.
– Una reale universalità nell’accesso alla salute, vogliamo che i servizi pubblici lo siano davvero anche per noi persone sieropositive, persone disabili, per noi donne, per noi persone trans e per noi lesbiche. Per noi, salute significa anche accesso gratuito alla PreP, prevenzione reale di HIV e ITS e spazi e fondi strutturali.
– L’implementazione di processi virtuosi che fin dalle iniziative locali possano portare a un reale diritto di autodeterminazione per le persone trans e quindi al superamento della legge 164/1982 per includere la molteplicità dei percorsi non binari e transgender.
– Fondi e spazi per centri antiviolenza e case rifugio gestiti dalla comunità di riferimento delle persone che subiscono violenza, servizi per persone LGBTQIA+ rifugiatə, percorsi di fuoriuscita anche per minori discriminati per la loro identità di genere o per la loro sessualità.
– Il reddito di autodeterminazione e l’accesso al lavoro, punto centrale per il contrasto alla violenza di genere e omolesbobitransfobica.
– Spazi per poterci organizzare, per promuovere forme di socialità safer e slegate dalla mera accumulazione di capitale.
Questa è una lista provvisoria, che contiamo sarà implementata da un movimento in crescita, espansivo e deciso.
Tornando alle elezioni, se da un lato il risultato elettorale sembra quasi scontato, dall’altro non saranno scontati gli equilibri tra le varie liste e sicuramente fa la differenza proporsi con la sinistra dello schieramento piuttosto che candidarsi con gruppi o partiti che a livello nazionale lavorano per affossare il ddl Zan assieme alle destre. Ma una cosa la vogliamo dare per scontata: che il percorso che ha prodotto il Rivolta Pride e la galassia del #moltopiùdizan anche in questa città non è più disponibile a delegare in bianco a nessun* la rappresentanza delle istanze LGBTQIA+. Saremo tutt* parte attiva nell’autorganizzare i bisogni, unit* contro ricatti politici e tentativi di riappropriazione delle istanze della comunità, autonome e autorevoli nel difendere e ripensare i servizi e nel moltiplicare forme e spazi del mutualismo e della socialità LGBTQIA+.












