Lo scandalo del bacio perugino – A processo per un bacio di fronte alle sentinelle in piedi

A Perugia si finisce sotto processo per un bacio gay durante una protesta spontanea, colorata e pacifica contro le Sentinelle in piedi.

Pubblichiamo di seguito il comunicato di Non Una di Meno Perugia.

Ricordiamo che Venerdì 17 novembre il Laboratorio Smaschieramenti organizza una serata di raccolta fondi per le spese legali delle attiviste perugine sotto processo presso Barattolo Cafè, via del Borgo di San Pietro 26, Bologna.

 

 

 

Un bacio, cosa vuoi dirmi?
Siamo state scomunicate.
Siamo state denunciate per un bacio omosessuale.
Quando?
Nel 2014 anche Perugia, così come le strade e le piazze di altre città italiane, è stata invasa da un fiume di gente festante che con ironia e gioia ha travolto l’immobile oltranzismo cattolico omofobico e sessista delle “Sentinelle in piedi” che scendevano in piazza per opporsi al disegno di legge Scalfarotto contro la transfobia e omofobia, con il pretesto di difendere la (loro) libertà d’espressione.
Ma cosa volevano (e vogliono sentirsi ancora) liberi di dire costoro?
Che la “pericolosissima” teoria del gender minaccia di fatto l’ordine naturale della famiglia, dell’amore puro e della sposa sottomessa e contenta.
Che cos’è secondo loro il gender?
Tutte quelle forme di relazione diverse dal modello della “sacra” famiglia tradizionale. Tutte e tutti coloro che non riconoscono le regole che il genere gli assegna alla nascita, tutto ciò che mette in discussione le norme dell’eterosessualità obbligatoria. Insomma per loro la minaccia sono le donne, le lesbiche, le frocie, le trans, i trans, i queer, le queer, che minacciano la “normalità”, qualsiasi cosa essa voglia dire.
La denuncia e il processo
L’accusa, ridicola e grottesca, mossa a chi si trovava spontaneamente in piazza il 29 Marzo del 2014, è quella di aver disturbato la quiete pubblica attraverso (cit. dal Verbale Digos di Perugia): “un tamburello di grosse dimensioni cantando e danzando, con boa di struzzo, cappellini e ombrellini multicolore”, ma soprattutto quando uno di noi “si avvicina ad un altro individuo di sesso maschile e si esibiva in un prolungato concupiscente bacio sulla bocca con lo stesso, nel bel mezzo di Corso Vannucci ed in presenza di numerose famiglie con bambini e ragazzi, molti dei quali minorenni, che in quel momento affollavano il centro cittadino lasciando i passanti disgustati” (!!!)
Questa denuncia è l’ennesima conferma che lo spazio pubblico non è ne’ neutro, ne’ accessibile a tutt*. In una città che vede sempre più i suoi spazi pubblici svenduti ai privati e che non riconosce l’esistenza di un bimbo perché ha due madri, coloro che possono accedere a questi spazi devono rispettare delle regole che sono le stesse che conformano il genere: la donna sì, ma accompagnata dai figli frutto di una relazione etero; la frocia Nì, va bene solo se non ostenta, le/i trans assolutamente no; invece il maschio bianco eterosessuale ovviamente fa un po’ come gli pare… Evidentemente fa paura questa esplosione di soggettività che si riprende lo spazio pubblico, mettendo in discussione l’intero ordine prestabilito.
Non saranno certo le denunce a bloccare la forza dirompente dei nostri corpi che agiscono negli spazi di vita quotidiana, che le politiche antisociali e liberticide del neoliberismo sottraggono e rendono meno accessibili a tutt*.
FancinoFROCIE di tutto il mondo venite!
Vi aspettiamo tutte, tuttu e tette
Venerdì 10 Novembre: Favolosa festa di utofinanziamento per le spese legali
ore 19,00 presso “Braccia Rubate” (Via Cartolari – Perugia)
Lunedì 13 Novembre: Presidio e Performance “Lo scandalo del bacio perugino”
h 9,00 presso il Tribunale di Perugia (Via XIV Settembre)  per la prima udienza
Venerdì 17 Novembre – Favolosa festa di autofinanziamento per le spese legali presso il Barattolo Cafè, via del Borgo di San Pietro 26, Bologna, a cura del Laboratorio Smaschieramenti.
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INDECOROS@ – TRANS QUEER FROCIA PUNX NIGHT – ATLANTIDE GOES TO XM24

***SAVE THE DATE*** VENERDì 27 OTTOBRE, ATLANTIDE GOES TO XM24. TRANS QUEER FROCIA PUNX NIGHT. STAY TUNED! STAY INDECOROS@

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche a te è capitato di sentirti dire che la tua gonna era troppo corta e i tuoi tacchi troppo alti? Che sei troppo poco femminile e troppo froci@, troppo eccentrica e provocante, tanto da disagiare eterolandia? Che sei poco dignitosa perché reclami autodeterminazione? Incivile perché migrante? Poco collaborativa perché non cedi alle molestie sul lavoro o choosy perché rifiuti lavori massacranti o sottopagati? Oppure fallit@ perché di lavorare e di riprodurti non hai proprio voglia? Fannulon@ perché rassettare casa e sgrassare i piatti proprio non ti va? Zoccol@ perché vuoi divertirti con chi vuoi e quando vuoi? Stran@ perché ascolti hardcorepunk prima di addormentarti e a colazione? Continua a leggere

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Sapori e Dissapori – dibattito, cena benefit e un po’ di musica a cura di Atlantide

Martedì 17 ottobre 2017,  a cura del Lab. Smaschieramenti @ VAG, via Paolo Fabbri 110, Bologna.

ore 19.30 – Dibattito sugli spazi autogestiti con il Comitato per promozione delle Esperienze Sociali Autogestite (ESA), XM24 e Lazzaretto.

ore 21 – cena vegana di autofinanziamento per i progetti di Atlantide/Lab. Smaschieramenti e per le spese legali, a seguire video & musica fino alle 24.00.

A due anni dallo sgombero dei collettivi che animavano Atlantide al cassero di porta Santo Stefano, siamo più vive che mai, assieme ai percorsi politici, alle idee e alle pratiche che abbiamo continuato a portare in città e ovunque.

Siamo vive nella consultoria transfemministaqueer, nelle lotte contro la violenza strutturale e maschilista, nel percorso Non Una di Meno, nelle lotte per la difesa degli spazi sociali autogestiti, nel movimento transfemminista queer.
Siamo zombies che continuano a vagare per tutte le cantine della città supportando con ogni mezzo possibile una musica dichiarata morta 40 anni fa, proprio quando ci si stava cominciando a divertire, cercando ogni anfratto da far vibrare al suono di accordi dissonanti, trasmettendo coscienza politica, passioni e autogestione.

Stiamo costruendo un centro di ricerca e archivio indipendente, e numerose attività autogestite per cui non smetteremo di cercare una o più case.

Nel frattempo, dopo due anni impiegati dal Comune per ricostruire la piantina del cassero, e concludere che quell’edificio non era adatto agli scopi istituzionali per i quali si millantava l’urgenza dello sgombero, l’immaginifico ufficio della normalizzazione cinica (Ufficio dell’immaginazione civica), ha annuciato un nuovo piano di rigenerazione urbana degli spazi comuni, dove, accanto ai soliti vecchi bandi per le associazioni che non più tardi di due anni fa erano considerati obsoleti, si fa riferimento alla messa a punto di non meglio specificati “nuovi strumenti”.

Tra i nuovi spazi da rigenerare rispunta anche l’immobile di via del Porto, quello che doveva ospitare Atlantide prima che lo sgombero arrivasse a interrompere la trattativa in corso da mesi con l’assessorato alla cultura, che nel frattempo è stato parzialmente ristrutturato grazie a un progetto tecnico gentilmente offerto dai collettivi di Atlantide.

Le realtà autogestite della città hanno continuato in questi anni a confrontarsi pubblicamente sulle diverse esperienze e pratiche concrete e a ripensare le forme anche giuridiche del rapporto con l’amministrazione che non ci costringano a cammuffarci da start up, da sportello di servizi alle famiglie o da pie sorelle della misericordia. Un discorso comune in grado di rispettare l’autonomia e le differenze tra le esperienze autogestite diventa fondamentale per non consentire all’Amministrazione interventi ad hoc per selezionare politicamente gli interlocutori.

Continuiamo a parlarne con il Comitato per la difesa e la promozione delle autogestioni, Xm24 e tutte le realtà che vorranno intervenire.

Seguirà cena di autofinanziamento dei progetti di Atlantide e delle spese legali, video & musica.

Menù in aggiornamento!

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Contro ogni sgombero, per l’Autogestione, riapriamo TUTTO

***Sabato 9 settembre concentramento in Piazza dell’Unità alle 14.30***

Lo sgombero di esperienze sociali da tempo attive a Bologna come Làbas e Crash  rappresenta, oltre che un fatto inaccettabile, un atto di vile violenza inflitto a tutta quella parte di città, solidale e accogliente, che ogni giorno lavora per costruire convivenza e reti  di solidarietà praticando l’autogestione.

Come già in altre occasioni, anche oggi vogliamo ribadire che “se toccano uno, toccano tutte”.

Le esperienze sociali autogestite hanno sempre espresso, nella loro diversità, una grande capacità di intervento e di iniziativa autonoma sui territori e sulle loro contraddizioni, che riconosciamo come un valore primario collettivo. All’interno degli spazi autogestiti si
produce una visione nuova della città nel suo insieme, una città profondamente diversa e che resiste alle forze della speculazione e della mercificazione con le forze della critica, della solidarietà, della creatività in tutti gli ambiti della vita sociale. Non possono essere intesi come dei semplici erogatori di servizi a costo zero per supplire alle deficienze del  welfare, secondo il principio oggi tanto decantato della sussidiarietà. E’ per cambiare un mondo eretto sull’ingiustizia, lo sfruttamento, lo scempio della dignità umana, che questi spazi esistono e continuano a lottare per crescere e moltiplicarsi.

La difesa delle esperienze autogestite in questa città non è iniziata,né tanto meno può terminare il 9 settembre. Se davvero vogliamo accumulare la potenza che serve perché si possa determinare quel cambiamento reale che collettivamente vogliamo, dobbiamo coltivare e far crescere l’enorme ricchezza costruita in anni di iniziative solidali e relazioni orizzontali.

Per questo sabato saremo presenti e per dar voce alla molteplicità delle istanze oggi rappresentate nel vasto mosaico delle esperienze autogestite e di conflitto sociale in questa città, alla manifestazione del 9 settembre partiremo alle 14.30 da Piazza dell’Unità.

Per ribadire che l’autogestione non è fine a se stessa ma vuole aprire crepe in una città sempre più vetrina per turisti e sottratta a chi la abita; per denunciare l’irresponsabilità di coloro che pretendono di trattare le pratiche dell’autogestione come un problema di ordine pubblico ma soprattutto per costruire insieme un orizzonte di possibilità in un mondo liberato dallo sfruttamento, dalla sopraffazione e dal pregiudizio razzista.

Comitato per la Promozione e la Tutela delle Esperienze Sociali Autogestite

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Ci riprendiamo tutto lo spazio che ci serve

Ci riprendiamo tutto lo spazio che ci serve. Lo faremo autonomamente, lo faremo collettivamente.

Dalla resistenza di quattro anni fino allo sgombero di Atlantide, abbiamo vissuto forse per primu sulla nostra pelle la vuota retorica della collaborazione e l’inconsistenza politica del comune come interlocutore istituzionale. Assistiamo oggi, dopo lo sgombero di due realtà autogestite, all’ennesimo tentativo di dividere i buoni dai cattivi: Làbas sarebbe buono perché è attraversato dai residenti e dalle famiglie con bambini, meno buono invece Crash, perché laggiù dove è stato relegato dopo infiniti sgomberi, di bambini non ce ne sono. Noi Atlantidee siamo cattive perché non recediamo dalla difesa dell’autonomia transfemministaqueer, ci occupiamo solo del bambin@ Queer che tuttu siamo statu prima di essere educastrate dall’eterosessualità obbligatoria, mentre chi ha fatto la co-progettazione sotto ricatto del PD è portato ad esempio contro tutte le altre realtà.
Noi rifiutiamo di farci dividere, siamo al fianco di tutti i percorsi di autodeterminazione, autogestione e autorganizzazione dal basso, respingiamo ogni ricatto politico, ogni retorica della legalità da parte di un sistema consociativo e clientelare. E sarebbe ora di chiedere come sono stati assegnati spazi in centro, senza bandi e per fare business agli amici degli amici e ai sostenitori politici.
Siamo solidal* con i compagni e le compagne di laboratorio Crash e di Làbas, siamo solidali in ciò che abbiamo in comune con queste esperienze e in ciò che ci divide e ci spinge a confrontarci anche criticamente. Continueremo a costruire percorsi di mutualismo dal basso, di autorganizzazione, come la Consultoria Queer di Bologna, e a porre la domanda: che genere di città, costruita per chi, per quali soggetti e pratiche sociali, si sta immaginando? Chi include e chi respinge ai margini sulle assi di sesso, genere, classe, provenienza, bianchezza e linea del colore utilizzando il decoro e la legalità come strumento regolatore?
Dal nostro posizionamento intersezionale non concederemo nessun uso strumentale, nessun pinkwashing istituzionale dei diritti LGBT o delle nostre soggettività e nessun Pride passerella democratica a chi sostiene i decreti Minniti Orlando, a chi sgombera le esperienze autogestite, a chi governa a sostegno delle logiche neoliberiste e al loro doppio profondamente lista.

Laboratorio Smaschieramenti
Atlantide

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Froce, Terrone e Diasporiche Solidali e Incazzatu

Alcuni Pride, ormai, sono feste religiose, che si ripetono regolarmente con la stessa liturgia, per il gusto di stare insieme, ma senza ricordarne neanche le origini; vetrine per grandi e piccoli marchi, carrozzoni depoliticizzati di vecchie associazioni e nuovi avventori. Ma mai avremmo immaginato che proprio nella giornata del Pride dovessimo sopportare le aggressioni e le violenze di chi si attacca ai nostri percorsi politici e poi vuole cancellarci prima come frocie e poi come compagnu.

Come froce, lesbiche, trans* terrone e diasporiche abbiamo scelto di sfilare a Bari, una città dove il Pride non è un rito e la visibilità frocia è ancora una sfida, resa più dura dalle strumentalizzazioni dell’amministrazione comunale e dall’associazionismo mainstream che fanno del decoro e della rispettabilità una loro bandiera. Abbiamo significato politicamente il nostro orizzonte terrone, non come luogo dell’arretratezza, ma come luogo di resistenza al desiderio di normalità della comunità LGBT, al razzismo al decoro, ma anche a nuovi ideali normativi queer. Ma c’è uno specifico che riguarda una città che non è abituata ai pride, rendendola per noi terrone un una piazza significativa da attraversare con le nostre parole e le nostre lotte.

Già durante il corteo abbiamo subito cori che non ci appartengono, slogan che ci offendono, episodi di machismo di cui avremmo dovuto ridiscutere, episodi che abbiamo vissuto come tentativi di invisibilizzazione da parte di chi scende in piazza con noi, ma non ci riconosce come soggetto politico e non comprende che il Pride è uno dei momenti della nostra lotta. Il nostro spezzone non era la somma di percosi politici diversi, ma era espressione della nostra intersezionalità: contro la mercificazione dei pride, l’assimilazione nel capitalismo, contro il razzismo e la normatività della comunità mainstream, contro i confini ed il decoro. Questa è la pratica del transfemminismo queer e non riconoscerlo è solo l’inizio del disconoscimento e delle aggressioni che abbiamo subito; e lo condividiamo senza alcun desiderio vittimista, ma proprio perchè siamo soggetti politici autonomi e resistenti.

È stato quanto è accaduto alla festa la sera stessa a riempirci di rabbia ed obbligarci a un’urgente presa di parola pubblica. Il BPM -Bari Pride Movement, rete cittadina eterogena, composta da soggettività lesbiche e froce e da singolarità e collettivi anticapitalisti, antifascisti, antiproibizionisti- ha rinunciato ad una propria festa, un momento politico di socialità alternativa (che spesso serve anche a rientrare con i costi delle spese affrontate). Ha dovuto rinunciare a malincuore non riconoscendo in città uno spazio sociale, pubblico, gestibile, ma sopratttuto safe per chi vuole sperimentarsi in altre socialità fuori dalla norma, dal machismo e dal mercato. Appena giuntu, prima ancora che potessimo capire a che tipo di evento fossimo, se ci piacesse, se volessimo cambiare qualcosa, ci è stato tolto il tempo, lo spazio e la parola e abbiamo cominciato a subire le prime aggressioni. In quella giornata e in tutti i mesi che l’hanno preceduta ci abbiamo messo la faccia, e proprio per questo siamo subito statu identificatu come i nemici: noi le frocie, noi le femministe, noi, lu compagnu.

Queste aggressioni sono state agite da uomini e donne, persone che abbiamo conosciuto in uno spazio sociale della città e riconoscibili soprattutto come antifasciste. E anche su questo sarebbe opportuno aprire una riflessione.

Il livello dell’aggressione è stato immediatamente altissimo: insulti, minacce, violenze fisiche gravissime, ai danni anche del dj. Mentre ancora cercavamo di lasciare immediatamente un luogo che metteva in pericolo noi e tutte le frocie venute ad una festa frocia nella giornata della lotta frocia, mentre cercavamo di ritirarci senza lasciare nussunu dietro, la struttura militante/militare accorreva a sostegno dei e delle aggressori, per metterci più pressione, farci sentire meno sicuru e festeggiare finalmente la nostra cacciata. Non stiamo qui a recuperare i dettagli di una sera che sempre più assomiglia ad un incubo, ma c’è un momento in particolare che ci preme denunciare ed analizzare per la sua gravità.

Qualcunu di noi era ancora dentro a controllare che nessunu fosse rimastu in pericolo e a scortare una compagna, quando è arrivata la polizia. A quel punto abbiamo cercato di raggiungere l’uscita per non trovarci a doverci difendere in un luogo che già si era mostrato pericoloso per noi. Giuntu al cancello non ci è stato permesso di guadagnare l’uscita: «Avete voluto la festa, adesso vi fate identificare con noi!» e ci è stato sbattuto in faccia. Siamo statu strattonatu, spintonatu, insultato, ci è stata ripetutamente messa la mano davanti alla bocca. La situazione era terrorizzante, le persone in quello spazio minacciavano la nostra incolumità a tal punto che appena si è aperta una breccia ci siamo lanciatu fuori, senza alcuna speranza che fuori potesse essere più sicuro per noi. Chi come noi ha sedimmentato nella propria storia di militante, o direttamente sul proprio corpo, la violenza della polizia, può comprendere bene quanto avessimo temuto per la nostra inclumità all’interno. Intanto fuori rimbombavano i colpi dei manganelli su quello stesso cancello di ferro.

Questa immagine così violenta, purtroppo, per noi non è stata solo una metafora, eppure rappresenta molto bene la violenza con cui i compagni e le compagne con tutti i privilegi etero, cis, ci tappano la bocca, ci rubano le parole, mentre noi davanti affrontiamo la violenza dello Stato, della società, della medicina, del capitalismo… I nostri corpi fuori norma, le oppressioni specifiche che subiamo, spesso multiple e intrecciate, ci rendono vulnerabili, per questo costruiamo spazi sicuri e coraggiosi; allo stesso tempo ci rendono resistenti, perchè lottiamo ogni giorno contro il sessismo nella società, ma anche nei movimenti politici che attraversiamo. E questo dobbiamo metterlo in chiaro per ribadire sin da subito che il paternalismo è l’altro volto del machismo!

I nostri posizionamenti, il nostro essere compagne e compagnu froce, lesbiche, queer, non binari, non è stato solo zittito ma totalmente invisibilizzato. Abbiamo attraversato le strade contro il decoro, rivendicandoci di fare schifo, di essere oscenu e indecorose, ma la nostra insubordinazione verso il decoro, l’assimilazione e lo sfruttamento, non ha mai previsto nè mai prevederà di sacrificare la lotta al sessismo, all’ omotransfobia, alle pratiche machiste, anche del movimento! Siamo scesu in piazza ricordando a gran voce che quello che ci opprime non è solo la retorica antidegrado che mette ancora più ai margini chi già lo è, ma anche il sistema patriarcale e eteronormato che si manifesta in ogni episodio di violenza di genere e del sistema dei generi!

Siamo state messe da parte come una reliquia il giorno dopo la sua ricorrenza; il culmine dell’assurdo era che queste minacce erano pronunciate utilizzando tutte le parole che con una faticosissima pedagogia avevamo portato in questo percorso cittadino: sessismo, omofobia, anticapitalismo queer e pink washing. Non staremo qui a mostrare le spillette militanza collezionate come singolu compagnu e come movimento transfemminsita queer; la pratica machista di “a-chi-ce-l’-ha-più-lungo” ci fa schifo, non dobbiamo giustificare la nostra presenza, dimostrare la nostra militanza, legittimare la nostra storia a chi, credendosi Compagno (maiuscolo), non riconosce nessun altru soggetto politico, nessuna altra lotta, nessuna altra pratica. La nostra radicalità l’avevamo appena portata in piazza poche ore prima.

Non solo metaforicamente hanno provato a tapparci la bocca,ma anche se ci metteremo del tempo ad elaborare questo trauma, sin da subito non staremo zittu; continuiamo ad elaborare quanto è accaduto con le compagne di Bari, a riflettere sulle pratiche, a cospirare insieme a chi su quel territorio continuerà a lottare e a tessere reti di resistenza e autonomia transfemministaqueer. Già il nostro striscione parlava chiaro “Veniteci dietro”; invece hanno voluto anche lo striscione, mettersi davanti, ma senza stapparsi il buco del culo e buttare fuori tutta la merda machista di cui hanno piena la pancia. Perchè noi non ascriviamo ciò che è accaduto al comportamento dei singoli e delle singole, reputiamo che sia una questione di pratiche che trovano tetto e nutrimento in molti spazi occupati che credono di essere liberati, senza riconoscere i propri privilegi,senza mettere in discussione delle pratiche che continuano a guardare alla maschilità egemonica come l’unico modello per contrastare quello attuale. Il tempo della pedagogia è finito, la merda sessista non deve avere più agibilità politica nel movimento.

Laboratoria Transfemminista Transpecie Terrona Napoli

Laboratorio Smaschieramenti

… insieme a:
Transfemministe Queer Bari: link al documento sul Pride

good night macho pride

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“Houston, we’ve had a problem…” – SEGUI L’UNICORNO @ BOLOGNAPRIDE

 “Houston, we’ve had a problem…”

Bologna, abbiamo un problema

Spezzone trans* transfemminista queer al corteo del Bologna Pride

Sabato 1 luglio, piazza dei Martiri, ore 15.00

SEGUI L’UNICORNO!

L’astronauta del Bologna Pride ci osserva: non sappiamo chi si nasconda sotto il suo scafandro, ma sappiamo che non si è spogliato dal privilegio della protezione e della forza, né delle retoriche coloniali della conquista e dell’annessione di nuovi territori inesplorati. L’astronauta ci parla: scimmiotta la nostra lingua, parla di spazi, autogestione, unicorni, ma non capisce il nostro accento marcato. Pare disorientato, con la sua bandierina rainbow e sopra le due torri, mandato a mettere al bando ogni popolazione aliena e a territorializzare il simbolo svuotato delle lotte frocetrans. Forse ha già capito che il satellite dell’amore continua a girare e forma un’ellissi troppo eccentrica per il suo casco sferico, che solo seguendo l’unicorno ci si potrà addentrare in questa space oddity!

Abbiamo molti problemi, Houston. L’ultimo, solo mercoledì sera, proprio nei giorni in cui il governo della città ha confessato di non avere la più pallida idea di cosa farsene del Cassero. Quello di Porta Santo Stefano, obviously, sgomberato il 9 ottobre 2015 e restituito alla polvere dopo 17 anni di Atlantide.

Di quel vuoto, ha lasciato che si approfittassero quaranta fascisti. Protetti da un cordone di polizia che aveva appena menato i compagn* di Labas, sullo sfondo del muro voluto dal Re Murala per mettere a bando transfemministe queer e punks, hanno intonato “boia chi molla” e altre amenità a mano tesa, rivolgendosi contro compagne e compagni del Berneri. La perfetta rappresentazione plastica dell’unico rilevante risultato politico e sociale che la gestione degli spazi di proprietà pubblica di questa nuova vecchia giunta, che ha anche il coraggio di definirsi “femminista”, è riuscita ad ottenere: via le femministe le froce e i punks e spazio ai fascisti! Che orgoglio.

Ma noi siamo aliene e preferiamo seguire l’unicorno.

Ma l’unicorno dov’è?

Scalpita nell’orgoglio di froce, lelle e trans*, di soggettività eccentriche e precarie; nell’impossibilità di lasciarsi assorbire in modelli di vita e logiche di potere costruite per reprimerci, nella costruzione e difesa di spazi di autodeterminazione, dove poter esprimere e tra(n)sformare i nostri desideri, i nostri bisogni e la nostra sessualità a partire da noi stess*

Nel rifiuto della rispettabilità, della normalizzazione o di un passing normativo, del controllo e dell’autocontrollo in nome della promessa di riconoscimento.

Ma l’unicorno dov’è?

Era all’Atlantide e in tutti gli spazi occupati e autogestiti, come Xm24, dove altre aliene resistono all’esproprio di ciò che è comune ad opera dei conquistatori.

L’unicorno salta nella Consultoria transfemministaqueer, dove ci riappropriamo di salute, benessere, piacere e di corpi in relazione contro il potere biomedico, contro la logica gerarchica dei servizi, perché sappiamo che il servizio che le istituzioni vogliono costringerci a offrire non è nient’altro che il nostro lavoro capitalizzato di cui si appropriano.

L’unicorno scalcia contro il decoro: il Pride non è sfilare sulla passerella coperte con vestiti che non possiamo nemmeno permetterci, solo per sembrare decorose, per essere accettate da Luxuria. Combatte con il suo corpo eccentrico il decoro urbano imposto dal decreto Minniti-Orlando, che viene usato per espellere trans, lavoraori/ici/* sessuali, corpi fuori norma, migrant* e clandestin* e per togliere agibilità politica alle lotte sociali. Alle lotte di chi vive condizioni materiali precarie, come molt* di noi trans, lesbiche e gay.

Per questo non possiamo diventare modello per la civilizzazione, non vogliamo partecipare alla retorica della conquista di nuove frontiere se non siamo capaci di abbattere quelle che ci sono già – quelle dei nostri privilegi, del privilegio bianco, della classe, della cittadinanza, del binarismo.

L’astronauta è mandato dall’Impero per cacciarci o costringerci ad essere brav* cittadini*, lavorator* di successo, consumator* mirati, mogli e marite, madri e padri. In cambio di protezione vuole fare di gay e lesbiche un’immagine modello di civiltà per propagare razzismo e lotta al degrado, per colpevolizzare la miseria e la povertà. Ci impone di riporre nel privato la nostra indecente diversità e diventare persone normali. Ma i nostri corpi, sessualità e generi eccedono, non saranno l’arcobaleno sul vessillo dell’Impero. Noi siamo la popola nomade e alien*, siamo l’unicorno di Troia e di troie, favolose e indecorose spezzeremo dall’interno l’ingranaggio di un potere che non ci avrà!

Spezzone trans* transfemminista queer al corteo del Bologna Pride.

Sabato 1 luglio, piazza dei Martiri ore 15.00.

Laboratorio Smaschieramenti

Atlantide

Consultoria transfemministaqueer

 

http://smaschieramenti.noblogs.org  | fb: laboratorio smaschieramenti http://consultoriaqueerbologna.noblogs.org | fb:  consultoria TransFemminista Queer http://atlantideresiste.noblogs.org | fb: atlantideResiste

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Spazio all’unicorono! Aperitivo di autofinanziamento di Smaschieramenti e Consultoria Queer

Stanca dei Pride passerella?
Alla collaborazione preferisci l’autorganizzazione?
Al decoro urbano, il decorativismo estremo?
Meglio la frocianza erratica del party d’ordinanza?

Se hai risposto sì almeno a tre domande, sei pront* a salire sull’unicorno di Troia.
(Timeo danaos, et dona ferentes)

Venerdì 23 giugno, aperitivo benefit per il Pride e la Campeggia transfemministaqueer
Orgoglio sì, ma indecoroso e libero!

Barattolo, via del Borgo di San Pietro 26/a, Bologna

h 19.00-0.30
Djset Atlanticyborg

By Laboratorio smaschieramenti, consultoria transfemminista queer

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Non una insegnante di meno

Leggiamo sui giornali la storia di un’insegnante precaria messa alla gogna in quanto una sua foto sarebbe presente su un sito hard sotto uno pseudonimo che contiene la parola “trans”. Non sappiamo se la persona la cui foto appare su questo sito sia veramente la prof in questione. E francamente non crediamo sia rilevante: ci interessa invece denunciare la violenza contenuta nelle reazioni che questa foto ha provocato.

Gli articoli che sono comparsi sulla stampa e le parole dell’assessora all’istruzione della regione veneto Elena Donazzan sono carichi di un ributtante miscuglio di transfobia e trans-misoginia, di sessuofobia, di stigmatizzazione di ogni tipo di sessualità che non si celi pudicamente dentro la stanza da letto coniugale e di violenza contro chi svolge lavoro sessuale.

L’assessora chiede l’eliminazione dalle graduatorie di questa insegnante, e si è addirittura spinta ad affermare che le persone trans non possano insegnare o lavorare a contatto con i minori.

Esprimiamo la nostra solidarietà all’insegnante, e a tutte le donne che si siano trovate in situazioni simili. Rafforziamo la nostra determinazione nella lotta contro tutte le forme di violenza contro le donne, ma oggi in modo particolare contro la violenza fisica, verbale, economica e politica verso le donne trans, verso le lavoratrici del sesso, verso le donne che per qualunque ragione hanno proprie foto in qualche tipo di sito erotico.

Oltre a colpire una singola donna, questo episodio mira a intimidire tutte le donne e gli uomini trans e le persone di genere non binario, intimando loro di nascondere la loro storia e il loro corpo come una vergogna, e a spaventare, in generale, tutte le lavoratrici che, secondo la morale bigotta e sessista di gente come l’assessora Donazzan, avrebbero “qualcosa da nascondere”.

Sebbene la legge non sia mai stata il nostro riferimento per distinguere ciò che giusto e ciò che è sbagliato, ci troviamo costrette a ricordare che nè la pornografia nè la prostituzione fra adulti consenzienti sono reati per la legge italiana, anche se con stratagemmi amministrativi e discorsi stigmatizzanti si ottiene l’effetto di far credere che lo siano.

Elena Donazzan ha anche sostenuto che è scandaloso che gli insegnanti vengano assunti “solo sulla base di un titolo di studio”, senza verificare le loro “qualità morali”. La retorica della meritocrazia, che da tempo viene utilizzata per giustificare la precarizzazione sempre più spinta degli insegnanti della scuola pubblica, sconfina adesso nella polizia morale.

Fra “i giovani” che i moralisti vorrebbero proteggere da qualsiasi contatto con persone o argomenti trans ci sono di certo ragazzi e ragazze trans, dichiarat* o meno; di certo ci sono ragazzi e ragazze molto meno sessuofobi e sessisti degli adulti che pretendono di educarli e di “proteggerli”. Le dichiarazioni dell’assessora Donazzan e di tutti quelli e quelle che fanno discorsi simili offendono anche loro.

Non contate sul nostro silenzio, ma solo sulla nostra rabbia.

SomMovimento NazioAnale

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FROCIE A BESTIA PER L’AUTOGESTIONE

Il laboratorio Smaschieramenti sostiene e partecipa alla giornata di autogestione e resistenza del 4 marzo indetta da Xm24. Anche noi frocie trans lelle e femministe abbiamo amato e amiamo Xm24, un luogo dove abbiamo lavorato per sostenere percorsi di autodeterminazione per le nostre soggettività eccentriche e precarie. Anche noi abbiamo denunciato la retorica istituzionale della collaborazione e della cittadinanza attiva che nasconde logiche clientelari e di creazione del consenso, persegue il progetto di privatizzazione e dismissione del welfare, sostituisce i servizi con lavoro volontario a costo zero. Una logica della sussidiarietà che svuota politicamente le esperienze di autorganizzazione, e che si accompagna alla criminalizzazione di queste realtà quando non si limitano ad adeguarsi ad un modello imposto dall’alto. L’idea del comune di sostituire Xm24 con una “casa di associazioni” da selezionare tramite apposito bando mostra ancora una volta il tentativo di rimpiazzare i soggetti politicamente autonomi con “entità docili”, ricattabili e funzionali al progetto di governance neoliberale. La vicenda di Xm24 è l’ennesima conferma che, dietro la retorica partecipativa, il governo della città mette in discussione arbitrariamente e unilateralmente i progetti culturali sociali e politici dal basso, minacciando e attuando sfratti e sgomberi che vanno a colpire le realtà che si autorganizzano per rispondere collettivamente ai bisogni sociali.Come frocie, lesbiche trans e femministe continuiamo invece a portare avanti percorsi che partono proprio dai bisogni e dalla materialità delle vite queer/precarie. Bisogni che non trovano espressione e soddisfazione nei circuiti della socialità mercificata e nella cornice di servizi istituzionali erogati dall’alto, ma che necessitano di luoghi politici orizzontali e antigerarchici come Xm24, luoghi di messa in comune di saperi ed esperienze, per esprimersi e organizzarsi, per sperimentare alternative all’eterosessualità obbligatoria, ai ruoli di genere binari, alla crescente omologazione delle sogettività lgbt. Per questo motivo saremo in piazza con Xm24 con il progetto della Consultoria TransFemminista Queer Autogestita: un progetto che mira a fare emergere, mappare e soddisfare collettivamente e in autonomia i bisogni di donne lesbiche, trans, frocie e femministe relativi a salute, benessere, sessualità, autodeterminazione di genere, contrasto alla violenza di genere e del genere. Attraverseremo le piazze della giornata dell’autogestione per fare emergere, con un’autoinchiesta  video, quei bisogni e quelle esperienze che eccedono il modello di governance neoliberale che informa le politiche di questa città, e che reclamano spazi di esistenza autonoma. Xm24 non si tocca!

Ci troverete

alle 12,30 biciclettata da XM24

alle ore 14 in Piazza di Porta Santo Stefano e in vari altri luoghi e momenti della giornata di sabato

… e #ovunque

Lab Smaschieramenti

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