Intervento 8 Marzo 2023 nella Piazza con Non Una Di Meno Bologna

INTERVENTO a Bologna, 8 Marzo 2023 nella piazza con Non Una Di Meno 

L’8 Marzo siamo in Piazza con Non Una di Meno da molti anni ormai. Abbiamo attraversato insieme, femminist*, transfemminist* e persone queer, anni di cambiamento, di pandemie, di guerre e di arretramento dei diritti a causa dell’incessante rafforzamento delle destre reazionarie, delle strutture “no gender” e di campagne comunicative molto aggressive e ahinoi, efficaci, volte a limitare il diritto all’autodeterminazione delle donne, delle persone lgbtqiap+ tutte, e delle persone trans in particolare. 

Continuano a prendersi spazio nei palazzi e sui giornali coloro che pensano che sia facile convincere la gente, che a difendere “la donna” “la famiglia” “i bambini” siano proprio loro, quelli che limitano i diritti all’aborto, all’identità di genere, allu bambinu di vedere riconosciut* le/i propri genitori, alle scuole di fare educazione di genere e contrasto alla violenza dei generi. Coloro che pensano solo ai bianchi, e nemmeno a tutti, agitando una bandiera di “civiltà” che tutto pare tranne che civile. 

Siamo in un momento storico che ci impone di essere unit*, e vantiamo un’eredità politica e culturale femminista, che ci insegna che questo è possibile, proprio perché le nostre differenze sono tante e sono la nostra potenza. L’uniformità che le destre bramano rappresenta per tutt* noi la distopia più raccapricciante. 

 

È il momento di riaffermare con forza l’antifascismo e ricordare che la libertà è un concetto in divenire, è un orizzonte per cui continuare a lottare sempre affinché possa essere anche materiale e diffusa

 

È il momento di abbattere i confini, di rigettare con forza la politica di morte dei governi occidentali, dei governi fascisti o neoliberisti che siano. La libertà di circolare non esiste: ad oggi registriamo l’esistenza di un privilegio – per poche persone – di spostarsi nel mondo senza troppi problemi, mentre siamo testimoni di come si lasciano morire tutt* l* altr*. Non possiamo essere complici e mentre chiediamo le dimissioni del ministro di turno non ci dimentichiamo che serve un cambiamento radicale, affinché il ministro successivo non possa azzardarsi a continuare con le stesse politiche di morte impunemente. Si chiama genocidio, questo è ciò che la fortezza Europa sta compiendo con l’Italia capofila.

 

Non esiste una “donna” simbolica che i governi si impegnano a proteggere, questa retorica è quantomai pericolosa e aberrante. Le donne si liberano da sole, da sempre. Nessun avanzamento sul piano culturale o politico si è mai presentato perché concesso dall’alto, è stato piuttosto il frutto di una presa di parola potente da parte dei “corpi imprevisti”. Imprevisti dal patriarcato, imprevisti dal potere. Abbiamo scelto la potenza e scacciato il potere, ed è nostra responsabilità continuare a farlo allargando il più possibile il consenso – ma restando molto ferm* sulle nostre rivendicazioni.

 

La “famiglia” non è una e non è un simbolo: esistono innumerevoli alleanze diverse aldilà dell’istituzione del matrimonio. Istituzione omolesbotransfobica, tra l’altro, che confina a poche persone, rigorosamente eterosessuali, l’accesso ai diritti. Diritti sul lavoro, alla salute, all’educazione, all’accesso al benessere sociale e che non sono a disposizione per larga parte della gente in questo paese. Noi vogliamo celebrare le unioni senza nome, quelle che permettono a tutt* di tirare avanti e di vivere meglio, sabotandolo, un mondo liberista, capitalista e colonialista, dove tutt* stiamo impoverendo a causa delle scelte politiche ed economiche, sia interne sia internazionali. 

 

“Il bambino” non è uno.

L* bambin* sono persone con desideri e bisogni e combatteremo ogni tentativo di trasformarl* in piccoli balilla, pronti a ripetere la manfrina diopatriafamiglia. Vogliamo che possano fare quello che meglio riesce loro: giocare, usare la fantasia per abbattere i confini di una cultura che ancora insiste per ingessarl* in ruoli prestabiliti e discriminanti. 

 

Per fare questo serve la complicità di tutta la comunità educante, che in questi giorni sta riempiendo le piazze, le strade. La scuola deve essere pubblica e laica, la scuola deve essere luogo antifascista e dove il pensiero critico e il sapere siano bene comune. A scuola tutt* devono poter vivere bene, indipendentemente dalla provenienza, dal genere, dalla disabilità, dall’orientamento sessuale. Servono azioni positive e un ripensamento globale del modo di educare, che punti allo sviluppo del senso critico e alla valorizzazione degli interessi e del potenziale delle persone. La scuola come trampolino di lancio per la produttività al servizio del capitale non ci piace: vogliamo che scuola e università diventino luoghi di reale crescita e formazione, sganciati da logiche di performance e competizione.

Di fronte ai sempre crescenti suicidi di studenti pretendiamo che i luoghi dello studio vengano ripensati radicalmente, perché siano luoghi di vita e non solo esamifici che valorizzano la produttività a discapito della salute mentale e del benessere a tutto tondo. 

Siamo in piazza anche per chi non può più esserci, come Cloe Bianco, vittima di transfobia istituzionale nella scuola dove lavorava e suicidata dallo stato a giugno dell’anno scorso. Perché la scuola diventi un luogo accogliente per tutt* l* dissidenti del genere, studenti, insegnanti e tutte le persone che a vario titolo attraversano i luoghi dell’insegnamento, noi scendiamo in piazza e scioperiamo.

 

 

Continuiamo a denunciare reciprocità e correlazione tra guerre, crisi energetiche, climatiche e umanitarie e a prodigarci perché sempre più persone, di fronte a ciò che non è umanamente sostenibile, si sentano consapevolmente coinvolte e si uniscano al nostro grido e alle nostre modalità di sciopero. Le retoriche neoliberiste puntano da sempre il dito contro i singoli individui e alle pratiche individuali, facendo ricadere la responsabilità della catastrofe ambientale e delle sue conseguenze sociali su una doccia fatta o non fatta o sul water scaricato o meno. A queste logiche colpevolizzanti, in quello stile del “ve la siete cercata” che conosciamo troppo bene, noi rispondiamo con la lotta collettiva, perché sappiamo che è il sistema capitalista, eterocispatriarcale estrattivista e razzista, il vero colpevole.

 

Contro questo sistema che ci opprime e ci vuole mort*, per i nostri desideri di una vita non più piegata ai bisogni di un sistema che predilige il capitale alle persone, noi siamo in piazza e scioperiamo! Per gli stessi motivi scenderemo di nuovo in piazza a Bologna il 20 maggio per la manifestazione nazionale indetta da Stati Genderali, movimento LGBTQIAP+ in cui convergono associazioni LGBT+ e collettivi queer dal basso, contro tutte le discriminazioni e violenze omolesbobitransafobiche e per un cambiamento radicale delle società. Ma siccome la lotta non si ferma mai e noi siamo ovunque, torneremo di nuovo in piazza il primo luglio per il Rivolta Pride, favolosa realtà che raccoglie molte esperienze queer e lgbt+ della città, a invadere Bologna con i nostri corpi fuori norma e dissidenti! Ci vogliamo viv* e autodeterminat*!

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