Potere e desiderio maschile nel cinema. Articolo per Liberazione

 

di Christian Battiferro, Viviana Indino, Marco Puggioni

Liberazione, 29 agosto 2008

Nel cinema il tema del desiderio maschile e i legami contradditori alle logiche di potere sono presenti in varie forme. Attingendo dai desideri e dai bisogni della società, il cinema può indurre, manipolare o nutrire a sua volta gli stessi desideri delle masse; semplificato in categorie si distingue in generi per facilitare le scelte degli spettatori. Conscio del proprio potere, l’uomo attraverso il cinema, ha imposto modelli omologanti, dettato regole e dispositivi normalizzanti. Ne è esempio il Codice Hays, attuato ad Hollywood dal’34 al’67 sostenuto dai poteri cattolici, impose e veicolò modi e standard morali; altro esempio è come il porno acquista sempre più valore nel mercato: dal’69, in USA, il porno si può vedere a casa protetto dal diritto alla privacy, mentre in Danimarca veniva liberalizzato. Il cinema allarga, stringe, e ricrea i confini del desiderio, non solo nei generi cinematografici, ma anche negli spettatori in genere. All’inizio degli anni ’80, quando l’ombra dell’AIDS incombeva sulla liberazione sessuale della società, alcuni film significativi narrano di ambigue pulsioni maschili. Negli States esce, ostacolato dal movimento gay, Cruising (1980) di W. Friedkin, che in realtà indaga la passione omofobica che deriva dall’autocensura: Al Pacino è un poliziotto che per scovare un serial killer s’infiltra nel mondo gay sadomaso, dove la sua sicura identità verrà man mano infranta tra l’emergere d’inconsce pulsioni e resistenze, finché allo specchio si riconoscerà altro. Nella scena della violenza contro un gay, reo di essere il compagno della persona desiderata, come in quella dell’abuso di due trans da parte di una pattuglia, la contraddizione del desiderio negato emerge violenta perché contraria all’immagine normale che si ha di sé. Di tutt’altro genere Ai cessi in tassì (1981) di e con Frank Ripploh, un gay che vive liberamente il suo desiderio, mentre il suo compagno vorrebbe costruire una coppia conforme; le contraddizioni di tutti i personaggi, anche etero, si scardinano mettendo in luce i desideri e le censure che ognuno subisce: in Italia la censura oscura il sesso esplicito, ma l’audio rimane integro. Il dramma Querelle (1982), dal romanzo di Genet,canto del cigno di Fassbinder, riflette su sessualità, desiderio e potere. Il porto di Brest con alti bastioni, torri falliche e decorazioni erotiche è spazio-tempo dell’immaginario desiderante dell’uomo, qui il marinaio Querelle affronta il proprio percorso d’identità, circuita con altri personaggi maschili in un continuo ribaltamento dei ruoli: tutti sono vittime e carnefici. L’unica femme ricorda la Dietrich, trascende tutti gli altri e canta la triste verità Each man kills the thing he loves, da Wilde. In Italia la scena della sodomizzazione di Querelle fu tagliata, stravolgendo il senso narrativo e la definizione psicologica del personaggio. Oltre ai tagli fu inserito un primo piano di B. Davis, ingrandendo il volto dal precedente totale dei due corpi, l’atto sessuale, amputato del suo significatoprofondo obbliga gli spettatori a vederci violenta libidine. L’opera assume i tratti immorali applicati dai censori, diventa il contrario di quanto era per Fassbinder che sublimava invece in poesia l’atto sessuale, che atto catartico, mortale e vitale al tempo stesso, è espressione di un fallimento che segna l’inizio di un’intima via crucis che porta il protagonista a confrontarsi con le contradditore dinamiche di potere maschile, in relazione agli altri e in se stesso.

Potentemente attuale Salò (1975) ultimo film di Pasolini, apoteosi dell’epifania del desiderio di potere, colloca Le 120 giornate di Sodoma di Sade nel crepuscolo fascista del ’44 e scandaglia, in tutti i suoi anfratti, ciò che il potere può esercitare sui corpi attraverso la vessazione sessuale. Pasolini dopo aver raccontato la sessualità gioiosa nella Trilogia della Vita, vede nel sesso con tutto il suo portato di desideri, l’organo principale che nutre il capitalismo e il controllo dei corpi; la violenza dei poteri subdoli, trasforma il popolo in massa, le persone in oggetti-merci.

I film presi ad esempio non sono solo gialli, comici, tragici o politici, pur stando a canoni linguistici classici non rientrano in clichè di genere. Sono opere che, ispirate da altri linguaggi creativi, affrontano le problematiche dell’uomo, attraverso questioni filosofiche, etiche, estetiche ed erotiche. Il cinema si è sempre nutrito di nuove forme, le avanguardie artistiche han fatto scuola travalicando i confini con nuovi linguaggi ed espressività, per quanto attaccate, fraintese, ed escluse dalla critica e dai circuiti di vendita, sono e hanno influenzato l’immaginario visivo. In tali opere i simboli di potere sono dissacrati, per svelare la loro brama coercitiva. Unico film di Jean Genet, Un Chant d’Amour (1950) altissima poesia sul desiderio maschile, fu ostacolato da continui attacchi censori accusato di oscenità è stato proiettato integro solo nel ‘71. In un carcere s’innesca il meccanismo voyeuristico tra la guardia, simbolo del potere, e due detenuti che anche se isolati riescono ad amarsi. Alla tenerezza del piacere e dei desideri vissuti dai carcerati innamorati, si contrappone la violenza della guardia, ingabbiata in un ruolo normalizzato, incapace di liberare i propri desideri, li impone con l’atto coercitivo, della violenza, la pistola è un fallo duro e ghiacciato che uccide. Sul film Derek Jarman disse: Genet ci accompagna dentro una prigione al fine di liberarci da essa.

Paladino del New American Cinema, ovvero underground e libero, Kenneth Anger già a diciassette anni si cimenta dietro la macchina da presa con Fireworks (1947), dove un ragazzo sogna di essere picchiato e violentato da un gruppo di giovani marinai. Con uno stile personalissimo mischia visioni surreali e macabre nevrosi omosessuali, immagini mitiche e simboli esoterici, fino a portare lo spettatore in territori inediti, rivoluzionari per la loro creatività ed energia evocativa. In Scorpio Rising (1963) simboli del potere economico, totalitario e religioso sono montati in un vortice pop immortalati con estetici dettagli, non solo moto e chiodo borchiato del look del protagonista sono feticci, ma tutte le icone della cultura di massa dalle svastiche, a Gesù, a Marlon Brando sono feticci, simulacrie veicolano gli stessi riti di morte e rinascita, portatori di una violenza istituzionalizzata. Spesso operazioni linguistiche così delicate sono fraintese, censurate o ostacolate, infatti l’ultimo progetto di Anger, a causa del furto di gran parte del materiale girato, fu ridotto a pochi minuti.

Le opere d’avanguardia di Jarman e Araki dimostrano come in epoca recente il tema del desiderio è ancora molto presente. Oggi però, il rischio di trattare temi così profondi è di svuotarne il senso. Ci sono ampi margini in cui la creatività esprime la critica al linguaggio e alle identità sociali omologate. Bruce Labruce sperimenta uno stile che fonde le tecniche e i linguaggi del cinema indipendente con la pornografia, in Raspberry Reich (2003) una bionda femminista è l’anima di un gruppo terrorista di Berlino, coi suoi slogan ispirati a Reich e Marcuse, dichiara la fine della monogamia e obbliga i maschi della banda a scoprire l’omoerotismo, pratica rivoluzionaria che risveglia le masse assopite dall’oppio del popolo (l’eterosessualità). Ispirandosi alle istanze della liberazione sessuale e di altri movimenti degli anni ’70, Labruce aggiorna il potenziale sovversivo di quel periodo sono molto affascinato dalle idee di quegli anni– dice il regista- perchè la sensazione è che oggi tutto sia ripiombato in un clima di estremo proibizionismo; la sessualità torna ad essere forma di lotta.

Ma i film di Labruce non sono dei porno. Oggi il porno è ridotto sempre più a brevi loop di atti sessuali, merce finalizzata al consumo, composta in sottogeneri chiusi, frutto di una perversa eugenetica, corpi perfetti sono totalmente reificati, depersonalizzati, incapaci di esprimere piacere. Questa merce oscena tende a modificare i desideri e a svuotarli del loro senso, riducendo la sessualità, sempre meno liberata, al consumo. Il corpo diventa un feticcio come la merce. E’ quindi assai difficile trovare opere considerate d’avanguardia che non cadano nella pura provocazione, nella sperimentazione sterile e finalizzata alla spettacolarizzazione. Il rischio è quello di aver molti stimoli privi di contenuti, significanti senza significato, pronti ad essere usati e manipolati dalle diverse subculture mediatiche per veicolarne il senso. Tuttavia esempi come Labruce ci dimostrano che in questo clima relativistico, in cui si giustifica tutto e il contrario di tutto, è possibile rinnovare il linguaggio in modo intelligente ed ironico.

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