LOTTA E CURA SENZA PAURA  – Rivolta Pride 2023

LOTTA E CURA SENZA PAURA 

Unitə contro la violenza di Stato!

Documento Politico del Rivolta Pride – Bologna, 1/07/2023 

Da quando l’attuale governo è in carica, la violenza contro lesbiche, gay, trans, bisessuali e tutte le dissidenze e le minoranze si è intensificata in tutte le sue forme: quella statale, sociale, legislativa e mediatica. Lo stop alla registrazione anagrafica deə bambinə delle coppie omosessuali, la retorica apocalittica intorno alla gestazione per altrə, gli attacchi all’educazione al genere nelle scuole sono attacchi diretti a noi, sono atti che ci designano come oggetto privilegiato dell’odio e del panico sociale. Ma questi provvedimenti sono anche un attacco alla libertà di tuttə, perché vogliono far passare l’idea che la gravidanza e la genitorialità, ma in particolare la maternità, non siano esperienze che possono essere risignificate, riorganizzate, gestite dal basso dalle persone direttamente coinvolte (come le donne hanno iniziato a fare a partire almeno dagli anni ‘60) ma debbano avere un’unica forma e un unico significato, imposto dal discorso neofascista.

Con l’abolizione del reddito di cittadinanza, gli attacchi alle persone migranti, la repressione del dissenso, il decreto anti-rave, la legge riempi-carceri e la promozione della paura e della competizione spietata, le condizioni di vita di tuttə sono peggiorate, ma in modo particolare la vita di lesbiche, trans, gay, bisessuali e di tutte le dissidenze e le minoranze. Per noi persone LGBTQIA+ povertà, sfruttamento, iperlavoro, intensificazione della violenza delle forze dell’ordine e della violenza amministrativa, gentrificazione e caro-affitti vogliono dire meno margine per autodeterminarci, per costruirci una vita autonoma dalle famiglie di origine, per vivere la nostra sessualità, per esercitare i nostri diritti sul lavoro, per prenderci cura di noi e delle nostre comunità, per organizzarci e lottare per una società più giusta.

Facciamo spesso riferimento ai moti di Stonewall del ‘69 come al gesto inaugurale del movimento LGBTQIA+, ma dobbiamo ricordare che quella rivolta si collocava in un’ondata internazionale di movimenti antiautoritari, pacifisti, femministi, per i diritti civili delle minoranze razzializzate, anticoloniali, contro lo sfruttamento lavorativo. Noi rivendichiamo questa genealogia contro una destra che affonda le sue radici nella reazione restauratrice e neofascista a quei movimenti degli anni ‘60 e ‘70, e che trova nell’opposizione ai diritti civili e sociali e all’autodeterminazione delle identità il suo pilastro fondante. Tra i cavalli di battaglia questa destra oggi al governo in Italia – ma anche in Polonia, in Ungheria, in Russia, senza dimenticare il Trumpismo e il Bolsonarismo – ci sono: la negazione che il genere sia una costruzione sociale, la negazione del cambiamento climatico come conseguenza del modello di sviluppo capitalista, la criminalizzazione del dissenso, la restrizione della cittadinanza su base razziale, il contrasto ai movimenti migratori che da sempre caratterizzano l’umanità. La retorica da crociata che adottano mira a giustificare le condizioni materiali e immateriali ormai insostenibili prodotte dagli attuali rapporti di produzione e riproduzione.

Come movimento LGBTQIA+ vogliamo essere un movimento autonomo, indipendente, in alleanza con i movimenti per il reddito, per la casa, per la giustizia climatica e contro il razzismo. Siamo preoccupatə per l’ondata di repressione del dissenso che sta colpendo in modo particolare lə attivistə climaticə, con Fratelli d’Italia che immagina pene ad hoc fino a sei anni di reclusione per chi imbratta edifici pubblici. Oggi le proteste sociali vengono sempre più relegate a questioni di “ordine pubblico”, mai trattate come priorità politiche su cui le istituzioni devono attivarsi, mai recepite come l’espressione di bisogni e desideri reali che la politica ha il dovere di intercettare, nemmeno di fronte alla tragica realtà di un’alluvione che è palesemente un effetto del cambiamento climatico globale senza precedenti indotto dai gas serra.

Tutto questo accade sullo sfondo della guerra, su cui si stanno riassestando le coalizioni internazionali, e che fomenta il nazionalismo e il populismo, polarizzando i posizionamenti (o con Putin o con la NATO) e accrescendo i profitti dell’industria bellica globale. Questo comporta la totale invisibilizzazione delle istanze e delle voci di donne, queer, persone migranti e con disabilità, e in generale di tutte le soggettività marginalizzate che vengono messe a tacere davanti alla priorità di “rispondere all’emergenza”. Per questo oggi più che mai è necessario moltiplicare e saper intersecare le lotte, fare avanzare il pensiero, le pratiche, la cura.

Il nostro movimento è antirazzista, ecologista, femminista, antiabilista, ed è una lotta di lavoratorə per cambiare la modalità di produzione, di riproduzione sociale e di vita. Mai come quest’anno il Pride torna ad essere uno dei fulcri della resistenza contro la violenza strutturale, sociale, di Stato, contro la quale scenderemo in piazza anche in autunno con una manifestazione LGBTQIA+ nazionale, convocata dagli Stati Genderali.

A chi dice di sostenerci o di essere al nostro fianco, vogliamo dire che non ci basta una rivendicazione di bandiera sulla non discriminazione: vogliamo vedere riconosciuta la nostra dignità in ogni settore della vita pubblica e privata, e vogliamo poterla vivere dall’infanzia fino alla terza età.

Le lesbiche, le frocie, le persone trans, non binarie, bisessuali e asessuali da ogni parte d’Italia si sono riunite negli Stati Genderali per elaborare una piattaforma politica che va molto oltre il matrimonio egualitario e il riconoscimento deə figliə alla nascita ed è questa la piattaforma che portiamo nel Rivolta Pride.

Nel solco di questa genealogia, di questi reti e di queste intersezioni, oggi scendiamo in piazza per rivendicare le nostre istanze politiche.

  • Una riforma radicale del diritto di famiglia: a partire dalla molteplicità di forme di cura e di affetto che caratterizzano le nostre famiglie queer, chiediamo il matrimonio egualitario, il riconoscimento alla nascita deə figliə di tuttə, la possibilità per tuttə di adottare e di accedere alle tecniche di riproduzione assistita, ma anche strumenti giuridici flessibili che permettano di riconoscere il ruolo di cura di persone care ulteriori rispetto ai due genitori, e che supportino i legami di cura e di responsabilità reciproca anche al di fuori della la coppia; vogliamo inoltre che la vita personale e i legami affettivi delle persone migranti siano completamente tutelati dal rischio di espulsione.
  • La piena autodeterminazione di genere per tuttə: come persone trans e non binarie vogliamo una nuova legge per autodeterminare il genere cui sentiamo di appartenere senza essere obbligate a passare dall’autorizzazione di un tribunale o da trattamenti medici e psichiatrici, a meno che non li desideriamo. Medici, farmaci e chirurgia devono essere gratuiti, accessibili e al servizio del benessere delle persone trans che li desiderano attraverso il processo del consenso informato, e non un passaggio obbligatorio del protocollo. Pretendiamo che cessi la discriminazione verso le persone trans neurodivergenti, che a causa dell’abilismo dellə psichiatrə vengono bloccate nel loro percorso di affermazione di genere in quanto ritenute non in grado di autodeterminarsi alla pari delle persone neurotipiche.
  • Un sistema educativo libero da pregiudizi e discriminazioni: come studenti e come comunità educante chiediamo un’educazione all’affettività, alla sessualità, ai generi e al consenso nelle scuole di ogni ordine e grado, il diritto a ricevere informazioni adeguate fin dagli anni della formazione libere da bigottismo ed erogate da soggetti formati e competenti;
  • Il diritto alla casa: l’abitare è ormai diventato un lusso in moltissime città italiane, tra cui Bologna, e ancor di più per le persone discriminate per genere, orientamento sessuale, razzializzazione, classe e abilità fisica o neurodivergenza;
  • I diritti sul lavoro: come persone che lavorano chiediamo diritti e tutele connesse alle nostre situazioni affettive, alla nostra condizione di discriminazione, ma anche alla nostra condizione di persone sfruttate che pretendono migliori condizioni contrattuali e salariali. Chiediamo che in qualunque legame affettivo, che sia di coppia o di amicizia, deve essere possibile assentarsi dal lavoro per prendersi cura delle persone care, aumentando ed estendendo i congedi parentali e quelli per l’assistenza alle persone non autosufficienti a tutte le categorie di lavoratori, lavoratorə e lavoratrici, distribuendoli a più di unə care giver e anche oltre la famiglia nucleare;
  • Il benessere complessivo della salute sessuale: come persone sieropositive e sierocoinvolte lottiamo contro lo stigma che si abbatte sui diversi corpi; vogliamo che U=U (Undetectable equals Untransmittable), ovvero non rilevabile significa non trasmissibile, diventi un messaggio sempre più condiviso; vogliamo che la PREP (profilassi pre-esposizione) gratuita sia distribuita organicamente su tutto il territorio nazionale;
  • La riforma della legge 104 sulle disabilità: come persone disabili e neurodivergenti vogliamo il riconoscimento di condizioni ad ora non riconosciute, come l’ADHD, per l’inserimento lavorativo e il trattamento pensionistico;
  • Il riconoscimento e la decriminalizzazione del lavoro sessuale: come sex worker chiediamo che questo sia riconosciuto e decriminalizzato quando scelto, che ci sia un reale contrasto alla tratta, che ci sia una lotta contro lo stigma puttanofobico;
  • Tutele per le persone migranti: come persone migranti, razzializzate, rifugiate, vogliamo l’accesso automatico alla cittadinanza italiana per le seconde generazioni, più risorse per l’accoglienza e l’inserimento sociale di tutte le persone migranti e richiedenti asilo, e in particolare risorse specifiche per i bisogni delle persone rifugiate queer e trans.
  • Spazi per l’autorganizzazione politica e sociale delle comunità LGBTQIA+ e disabile.

Lo scorso 18 giugno a San Donà di Piave abbiamo manifestato in ricordo di Cloe Bianco, una lavoratrice della scuola che è stata sanzionata per la sua identità di genere. Non possiamo accettare che la scuola sia un luogo di paura e di violenza. Non possiamo accettare che sia una macchina che sottopone insegnanti e studentI a una continua valutazione e competizione, minando il benessere di chiunque ma soprattutto di chi in un modo o nell’altro è individuatə come “diverso”. La cultura e il sapere devono essere strumenti di liberazione individuale e collettiva.

All’individualismo e al realismo capitalista opponiamo come pratica di lotta e resistenza la cura promiscua – intesa come massima diffusione del benessere dei nostri corpi, dei nostri cuori, dei nostri culi in relazione fra loro e con gli ecosistemi. La lotta queer è cura, la cura queer è lotta. È sulla paura che si basa il consenso all’ordine delle cose e alla deriva populista: noi rispondiamo con lotta e cura, senza paura!

Ci vediamo sabato 1 luglio alle 16 ai giardini di Villa Cassarini in Porta Saragozza.

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