Vietato calpestare l’aiuola 2

Se avessero impedito la manifestazione della Fiom a Cassino, avremmo gridato all’attentato alla democrazia.

Ma se quattrocento studenti/studentesse sono su un treno, puoi fermare il treno e impedire loro di andarci perché sono senza biglietto e nessuno si indignerà, perchè certo non si può viaggiare senza biglietto.

Se 200 persone fossero fermate nell’area arrivi di un porto e gli fosse impedito di muoversi di lì per molte ore, sarebbe sequestro di persona. Ma se la manifestazione dei pastori sardi non era autorizzata (o meglio, la questura non ne era stata informata, poiché secondo la legg italiana per le manifestazioni non si chiede il permesso, si dà solo comunicazione), allora la polizia sta facendo solo il suo dovere.

Se il ministro dell’interno avesse messo il coprifuoco alle dieci di sera nelle città, avremmo pensato di essere sotto un governo autoritario e saremmo insorti.

Ma se il sindaco fa chiudere i locali alle 10 con la scusa della quiete pubblica, o vieta ai clienti di uscire con il bicchiere in mano, facendo di fatto chiudere molti bar e cambiando le abitudini di intere fasce di popolazione – che dire? Non si può certo fare una battaglia politica per il diritto alla birra.

Se un numero crescente di cittadini e cittadine fosse perseguitato penalmente senza motivo e fermato a ogni angolo di strada dalla polizia, chiameremmo Amnesty International.

Ma se fissi un limite di tasso alcolico bassissimo e poi sguinzagli la polizia munita di palloncino, allora tutto va bene, nessuno protesta, perché non siamo mica a favore dei pirati della strada, noi.

Non si può fare una battaglia in difesa dell’alcolismo, certo – però è un fatto che moltissime persone oggi si ritrovano ad avere un precedente penale che, in caso di secondo “reato”, potrebbe farle finire in prigione.

E’ la repressione per via burocratica, la deriva autoritaria travestita da legalità.

“Vietato calpestare l’aiuola” si intitolava una lettera di Graziella Bertozzo qualche tempo fa: era stata arrestata, picchiata, portata in questura, ma qualcuna aveva commentato che sì, però in fondo lei non aveva il permesso di entrare nell’area palco del gay pride.

Quanto è grave, per il senso comune di oggi, fare una cosa senza permesso, senza biglietto, senza preavviso? E quanto siamo disposti a giustificare in nome della punizione di un’infrazione minima, formale, amministrativa?

Migliaia di migranti si trovano oggi detenuti/e senza accusa né processo nei Cie, ma dato che non avevano il permesso di soggiorno, questa situazione non scandalizza nessuno, nemmeno la brava gente di centro si sinistra. “Noi siamo per gli immigrati che lavorano, che pagano le tasse, che rispettano le regole…”

L’obbedienza non è più una virtù, scriveva Lorenzo Milani più di quarant’anni fa.

Oggi non c’è più il servizio militare obbligatorio, ma sembra proprio che inopinatamente, surrettiziamente, l’obbedienza sia tornata ad essere una virtù: dal non si viaggia senza biglietto al vietato l’accesso ai non addetti ai lavori; dal desiderio di gay e lesbiche di rivendicare la propria normalità in nome del fatto che lavorano-pagano-le-tasse-rispettano-le-regole e stanno dalla parte della forze dell’ordine fino al sacro sdegno bipartisan per la bottiglietta lanciata dai manifestanti che si sostituisce a quello per le cariche della polizia.

E’ grazie a regole amministrative apparentemente innocenti, ma anche grazie alla mentalità di chi ama essere sempre “in regola” e si compiace di viaggiare solo su posti prenotati, che le libertà democratiche si restringono sempre di più senza che neanche ce ne rendiamo conto.

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